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Secondo uno studio condotto da Page Personnel in collaborazione con il Centro studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, i laureati italiani sono tra i più preparati d'Europa, ma sottopagati rispetto all'estero

Milano, 15 luglio 2013 - Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personnel, presenterà al Congresso Nazionale degli ingegneri dal 24 al 26 luglio prossimo un’articolata indagine, svolta in collaborazione con il Centro studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, relativa ai redditi degli ingegneri, in Italia e in Europa, in particolare Spagna, Francia e Regno Unito.

Il fatto che gli italiani, forti della lunga tradizione letteraria che ne ha determinato la fortuna, siano molto più attaccati alla propria lingua madre ha ora una solida base scientifica. Nella terza edizione della classifica EPI (English Proficiency Index) sulla conoscenza dell'inglese da parte di 60 Paesi del mondo, l'Italia si posiziona infatti al 32esimo posto dopo Uruguay, Sri Lanka e Russia.

Fanalino di coda fra gli Stati europei (dopo l'Italia c'è solo la Francia), il nostro Paese stenta ancora ad aprirsi completamente all'uso della lingua inglese, malgrado l'interesse che dimostra verso settori come la musica e la politica straniera. La classifica di EF (Education First) rilasciata ufficialmente sul sito Englishtown, fondata su test effettuati su 750.000 adulti provenienti da 60 paesi nell'arco di tempo di sei anni (2007-2012), rivela anche come ci sia una forte correlazione tra la conoscenza della lingua da parte della forza lavoro di una nazione e le prospettive economiche del Paese stesso.

L’Italia grazie al suo patrimonio storico e artistico è meta molto amata dai turisti di tutto il mondo. Riuscire a trasformare il turismo in un vero e proprio "settore industriale", costituito da un sistema integrato di servizi al turista stesso, alle imprese e agli Enti Locali per la promozione del territorio, è la sfida che il Paese deve affrontare nel prossimo futuro. Se ogni turista si trasformasse da consumatore occasionale a consumatore "nel tempo" i vantaggi per la nostra economia sarebbero notevoli. Se ne parla a Roma il 4 dicembre, in occasione del convegno organizzato da Forum PA e Poste Italiane.

E’ uno stillicidio (“gocciolamento o deflusso lento e continuato”– Devoto-Oli), un mortificante stillicidio per amministratori-politici di “terzo livello”, per migliaia di dipendenti pubblici da dirigenti ad operai semplici, questo dibattito infinito che dura da quarantatre anni sulla soppressione dell’Ente Provincia. Oggi lunedì 28 ottobre 2013 “La Repubblica”, il più diffuso ed autorevole quotidiano italiano, esce con il titolone di prima pagina a cinque colonne: “Province, abolite entro l’anno” come “civetta” di prima pagina per l’intervista al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, democratico “renziano”, che annuncia che nella prossima primavera non saranno rinnovati i Consigli Provinciali,che le Province nelle more della riforma costituzionale che le cancellerà dalla Carta, saranno enti di secondo livello con una “assemblea dei sindaci” che deciderà quali funzioni residue dovrà gestire su delega dei Comuni mentre sorgeranno in 9 aree urbane del Paese le “Città Metropolitane” fra cui Napoli al posto dell’ente Provincia. Secondo Delrio questa specie di soppressione farà diminuire la spesa pubblica e determinerà una mini-riforma degli enti locali – l’ennesima dal 1990 con la legge Gava n.142 – con “Unioni di Comuni” ed “enti impropri”. L’edilizia scolastica delle superiori passerà ai Comuni e le strade invece saranno “delegate” alla Provincia dai Comuni come se fosse un’“agenzia”, qualcosa com’era prima l’ANAS.

Sono tanti, in buona forma, vitali e si dedicano agli altri: un patrimonio di competenza ed esperienza al servizio della collettività.

Il protagonismo demografico. Tra poco più di un anno, nel 2015, il numero della popolazione over 65 anni coinciderà in pieno con quello della popolazione giovane, tra 15 e 34 anni, pari a circa 12 milioni e mezzo di persone.

Il neo-vitalismo. Tra gli aspetti che oggi caratterizzano gli stili di vita degli anziani e che contribuiscono al miglioramento delle loro condizioni di salute c’è la cura di se stessi e l’attenzione alla propria condizione psico-fisica, un’attenzione che si esprime in una serie di scelte e comportamenti nella vita quotidiana. Rispetto al 2002 sono raddoppiati gli anziani che si tengono in forma camminando o facendo attività sportiva all’aperto (praticata dal 53,9%), che prestano attenzione alla qualità biologica del cibo (31,5%) e alla salubrità della dieta quotidiana (23,2%). Circa un terzo degli anziani (30,3%) cerca di trascorrere brevi periodi di vacanza nel corso dell’anno, oltre a quelli legati alla pausa estiva. Il 14,3% frequenta abitualmente palestre e piscine. Il 9,7% si concede almeno una volta all’anno le cure termali. Il 4,4% si sottopone abitualmente a cure estetiche, con sedute di abbronzatura, massaggi per il corpo e per il viso.

Mercoledì apre la seconda edizione di SMART City Exhibition

Per invitarvi a venire a “Smart City Exhibition” che si apre a Bologna mercoledì 16 ottobre per chiudersi venerdì 18 vorrei condividere con voi la mia preoccupazione per un dato di fatto certamente positivo, ma che, senza interventi decisi, sarà foriero di grandi delusioni.

Nei prossimi sette anni arriveranno, dall’Europa direttamente sulle città italiane, almeno cinque miliardi di finanziamenti per l’innovazione. Una pioggia di soldi che è certo una grande opportunità, ma anche una sfida. Una sfida che perderemo certamente senza cambiamenti strutturali nel modo di progettare gli interventi, nella governance dell’innovazione, negli strumenti di partnership tra pubblico, privato e cittadinanza attiva; senza impostare infine una nuova sinergia che eviti frammentazioni egoistiche e promuova collaborazione, standardizzazione delle soluzioni, condivisione dei percorsi. Cosa possiamo fare subito e tutti insieme per non bruciare questa occasione?

Per avere qualche speranza di spendere questi finanziamenti in modo strutturalmente utile per la nostra economia dobbiamo infatti cambiar passo, ma nessuno può farlo da solo. Governo centrale, Parlamento, governi locali, amministrazione pubblica, imprese, università e mondo della ricerca, forze sociali, terzo settore e cittadinanza attiva sono tutti coinvolti e tutti responsabili. Li abbiamo raccolti a Bologna per tre giorni a confrontarsi e a progettare il nuovo. Vorrei che ci foste anche voi, qui trovate la pagina per accreditarvi all’ingresso e iscrivervi agli eventi congressuali e formativi.

Il 90,4% dei giovani si connette a internet, l’84,4% tutti i giorni, il 73,9% per almeno un’ora al giorno, il 46,7% con il wifi. Per informarsi usano Facebook (il 71%), Google (65,2%) e YouTube (52,7%). Il 66,1% ha uno smartphone e il 60,9% scarica le app sul telefono o tablet.

 I consumi mediatici nel 2013: tv intramontabile, volano gli smartphone (li usano due terzi dei giovani). Quasi tutti gli italiani guardano la televisione (il 97,4%), con un rafforzamento però del pubblico delle nuove televisioni: +8,7% di utenza complessiva per le tv satellitari rispetto al 2012, +3,1% la web tv, +4,3% la mobile tv. E questi dati sono ancora più elevati tra i giovani: il 49,4% degli under 30 segue la web tv e l’8,3% la mobile tv. Anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’82,9% degli italiani), nonostante la riduzione dell’uso dell’autoradio dipendente dalla diminuzione del traffico automobilistico (-1,5%), mentre l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari risulta in forte crescita (+5,4%).L’uso dei cellulari continua ad aumentare (+4,5%), soprattutto grazie agli smartphone sempre connessi in rete (+12,2% in un solo anno), la cui utenza è ormai arrivata al 39,9% degli italiani (e la percentuale sale al 66,1% tra gli under 30). Solo il 2,7% degli italiani utilizza l’e-reader, ma l’utenza del tablet è quasi raddoppiata in un anno, passando dal 7,8% al 13,9% della popolazione (e la percentuale arriva in questo caso al 20,6% tra i giovani). È quanto emerge dall’11° Rapporto del Censis sulla comunicazione.

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