C'è un punto fermo che deve essere posto nel dibattito sui trasporti marittimi. Un punto "democraticamente inalienabile" sul quale tutti sono d'accordo, da destra e da sinistra passando dal centro, e che non può essere oggetto di confronto perché è una Verità necessariamente da accettare se ogni uomo ha diritto "alla vita, alla libertà ed alla ricerca della Felicità" come annunciava nel 1776 la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, il primo documento "rivoluzionario" dell'era moderna.
Il punto fermo è che il trasporto marittimo è un "servizio pubblico". Come tale questo servizio deve essere offerto ai cittadini dallo Stato – comunque definito o rappresentato - ad un prezzo "politico" cioè , come insegna la scienza delle finanze, inferiore al costo di produzione e non oggetto di profitto di impresa. Se il prezzo aumenta, se segue l'andamento generale del profitto privato, non è più considerato servizio pubblico ma un servizio privilegiato riservato, in una economia capitalistica o liberista, soltanto a chi ha danaro.
Questo servizio pubblico è equiparato – in uno Stato moderno civile – a quello della scuola o della sanità. Se la scuola è un diritto del cittadino europeo fino a 18 anni altrettanto è il diritto alla salute prescindendo dal reddito delle famiglie. In una economia "liberale" anche la scuola e sanità possono essere per "ricchi" (l'esclusivo college o il Campus universitario, la clinica privata con i grandi medici) ma questo non deve diminuire il Dovere dello Stato verso la scuola e la sanità per tutti.
Sono concetti talmente evidenti e talmente condivisi che debbono essere accettati universalmente quasi come una assioma se l'Uomo ha "diritto alla Vita".
Così come lo Stato assicura ai cittadini un trasporto pubblico terrestre per esigenze di mobilità civile a prezzo comunque politico, anche in tempo di recessione, altrettanto deve essere fatto per i cittadini che vivono nelle isole. Questo è stato chiamato, con molta enfasi, diritto alla "continuità territoriale della Repubblica" cioè anche gli isolani di Ischia, Procida, Capri, al pari degli abitanti delle altre isole minori italiane sono parte della Repubblica e del Continente anche se il mare li separa.
Se questo principio è accettato come deve esserlo da tutti i democratici-repubblicani il trasporto marittimo nel golfo di Napoli – che è un vero e proprio trasporto metropolitano per numero di utenti – non può non essere pubblico. Naturalmente le forme per svolgere questo servizio pubblico possono essere differenti ma non può cambiare la sostanza.
Se lo Stato decide di sovvenzionare e non gestire direttamente questo servizio – come nel trasporto terrestre – qualsiasi "privatizzazione" del servizio è sostanzialmente "mascherata". Essendoci in palio una forte "sovvenzione di circa 20milioni di euro all'anno la società "privatizzata" opera di fatto al riparo dal rischio di impresa.
La discussione, quindi, sulla "privatizzazione" della Caremar è formalmente inesistente perché la Caremar è sempre stata una "società per azioni di diritto privato" il cui "capitale sociale" era prima detenuto da un'altra società a sua volta interamente di proprietà dello Stato. Lo è anche "sostanzialmente" perché la "privatizzazione" significa il contributo annuale di poco meno di 20milioni di euro per le corse "essenziali" ritenute di ineliminabile "servizio pubblico".
E' chiaro quindi che la "privatizzazione" non solo giuridica (lo Stato o la delegata Regione si ritira dal capitale sociale) ma economica (il capitale sociale è interamente in mano ai privati) diventa un affare economico dove la concorrenza dell'armamento libero, privo di sovvenzione, vuole mettere mano per una maggiore sicurezza aziendale o per una politica aziendale di espansione.
L'augurio quindi – a mio parere – è che questa "privatizzazione" si faccia al più presto ed a favore del gruppo aziendale di maggiore consistenza definendo le corse essenziali del servizio pubblico non solo per la mobilità degli isolani ma anche per il sostegno alla fondamentale economia turistica delle isole mentre per le "corse residuali" la società dovrà applicare tariffe da libero mercato.
Si porrà quindi il problema della compatibilità di un intero sistema di collegamenti marittimi "privatizzati" con un intero sistema turistico-alberghiero e commerciale altrettanto "privatizzato".
Ed è qui che trova sostanza una seria Politica di Programmazione Economica in grado di concertare gli interessi "privati" dell'imprenditoria e quelli "sociali" della cittadinanza e dei turisti.
Non si può non riconoscere in questo contesto il ruolo storico fondamentale che ha svolto l'armamento privato per l'espansione turistica delle isole napoletane e per rispondere anche alle esigenze di mobilità e di commercio degli isolani. Ma questo ruolo non ha impedito profitti di impresa agli armatori ed è stato svolto soltanto perché il "servizio pubblico" – un tempo gestito dalla società "privata" SPAN e dal 1975 dalla società "pubblica" della Caremar – non è stato sufficiente sia per la mobilità degli isolani sia per l'espansione economica di un'isola passata dall'economia agricola a quella turistica.
L'armamento privato è stato "eroico" con le motobarche di Nicola Monti che trasportavano passeggeri e merci e perfino le auto ed è stato "anticipatore" dei nuovi mezzi di trasporto negli anni '60 del '900 con i "Ferry boat" e gli "aliscafi". Ma questa è un'epoca chiusa.
Lo scenario futuro dei trasporti marittimi nel quadro delle normative dell'Unione Europea, alle quali la Regione Campania delegata dallo Stato si dovrà adeguare, è quello di una di una flotta "sovvenzionata" per il "servizio pubblico" che di fatto sarà monopolista ma dovrà essere capace di una gestione aziendale estremamente efficiente mentre l'armamento privato dovrà limitarsi ad effettuare corse a prezzi alti capaci di dare profitti di impresa.
Ma è chiaro che le politiche dei prezzi dovranno essere coordinate perché non esistono variabili indipendenti: non possono esserci prezzi bassi per gli alberghi e prezzi alti per il trasporto marittimo e terrestre oppure ottima ricettività alberghiera e commerciale e pessimi collegamenti marittimi e terrestri .
Trovare il punto di equilibrio è compito della Buona Politica.
Casamicciola, 23 agosto 13