Ischia News ed Eventi - Cucina e Tradizione

Nelle foto in bianco e nero, nei bozzetti d'epoca in vendita presso i piccoli bazar del centro e nei favolosi racconti della gente che, stanca per gli anni e la fatica, se ne sta assisa tutto il giorno sulle panchine e fuori dai bar della caratteristica piazzetta, possiamo ancora scorgere il piccolo borgo di S. Angelo, come era una volta, una nutrita comunità di pescatori che nel mare generoso e nei suoi frutti vedeva riflessa é stessa, i propri valori, la propria ragion d'essere.

Oggi quel paesello di pescatori non c'è più, le tante piccole e colorate barche rimpiazzate da poche feroci e prepotenti navi-pescherecci; il numero dei pescatori (di professione, s'intende) è quasi imbarazzante: quattro, cinque o poco più, una decina al massimo. L'età media, manco a dirlo, si aggira intorno ai 65 anni. "E i giovani ?", si dirà... Beh, i giovani se ne sono andati da un pezzo, a frotte – proprio come i pesci – uno dopo l'altro, tutti. La prospettiva di più lauti guadagni deve averli evidentemente sedotti e storditi, spingendo taluni a dimenticare per sempre le proprie radici, il borgo natio, il lavoro alacre dei padri e dei nonni, e ad andare via. «Sono nato pescatore, lo era mio padre e così pure mio nonno – sentiamo dire in giro, in piazzetta. Ebbene, Dio mi ha dato tre figli: nessuno di loro è rimasto, nessuno di loro oggi fa il pescatore».

Archiviata con pieno successo di pubblico e di critica la prima edizione della Rassegna di cucina ischitana della tradizione presso lo storico Hotel Villa Sirena di Casamicciola Terme. L’atteso evento dedicato alla riscoperta e alla rielaborazione di ricette di antica memoria si è proposto come test market per l’organizzazione di futuri incontri gastronomicicon gli obiettivi di salvaguardare e  diffondere il sapere culinario dell’Isola Verde oltre a gratificare giovani chef talentuosi alle prese con i sapori tipici e aromi selvatici del territorio isolano, non reperibili altrove. Grande consenso per i corsi gratuiti di cucina con numero predeterminato di partecipanti, per la maggior parte vacanzieri, tenuti dal giovane chef Salvatore Iacono, detto Ghigo, tramite l’interpretazione e degustazione delle ricette più tipiche: dal “Coniglio di fosso all’ischitana” cotto nel tiano di creta e proposto con patate fritte e caponata di melanzane accompagnato dagli immancabili bucatini conditi con lo stesso sugo di cottura, dalla “Paranza” di pescato del Golfo gettato a friggere in padella alla “Spigola all’Acqua Pazza” per concludere con le bruschette estive di pane cafone cotto nel forno a legna e con i dolci di chiara tradizione partenopea.

È il mare a decidere come comporre un perfetto e leggero antipasto. Lo sa bene lo chef Antonio, che al polipo grigliato e marinato in salsa di limone abbina tonno alle erbette (rigorosamente di produzione propria), salmone marinato con sale, zucchero ed agrumi, e delle semplici alici “olio e limone”. Il piatto viene servito a tavola con delle verdurine fresche, come zucchine e carote, ed una salsa all’arancia. Sfizioso infine il gamberetto marinato all’aceto di lamponi che, poggiato su una piccola bruschetta di pomodoro, suggella il piatto. Vino: Bianco “Frassitelli” dell’Epomeo.

Finalmente ho assaggiato il piatto dell’estate che tanto mi consigliava la signora Anna. Adesso non posso che darle ragione. Hanno un gusto fresco e leggero questi vermicelli, conditi con cozze e scorzette di limone, a cui da un tono di sapidità la caciotta a scaglie, aggiunta alla fine per evitare che si sciolga. La mia porzione è abbondante, ma non mi sento affatto appesantita.

In corrispondenza del promontorio che affaccia da un lato sulla Baia di Sorgeto, dall’altro su quella di S. Angelo, a soli 800mt dal centro di Panza troviamo il ristorante ”Punta Chiarito”. Aperto da aprile ad ottobre sia a pranzo che a cena (in quest’ultimo caso solo su prenotazione), il locale si consiglia per un primo ed indimenticabile incontro con i sapori caratteristici della tradizione enogastronomica isolana, vera protagonista con i suoi piatti semplici e gustosissimi, ingredienti rigorosamente freschi ed autoprodotti. Eccezionali le specialità di mare, come il risotto alla pescatora.

La festa di Santa Maria al Monte celebrata il 12 settembre è sempre una scoperta, anche per un’ischitana come me. La Chiesa che sorge a 500 metri d’altitudine, immersa nel verde, è stata ristrutturata nel ’57 grazie a nonna Carmela Picarelli. E’ proprio lei ad aver rappresentato l’anima della festa per molti anni insieme ad altri abitanti del luogo, devoti alla Madonna, come Luigi Luongo detto il bijoux della montagna. La messa viene celebrata dal parrocco di Monterone e la processione, momento tra i più corali e scenici della festa, parte dalla Chiesa, attraversa il cortile arrivando fino a Punta Callotta. La statua viene portata in spalla da alcuni fedeli, accompagnata da canti e da una fiaccolata. Il ritorno alla Chiesa avviene attraversando l’interno della casa che oggi è del nipote di nonna Carmela, Michele Calise.

Partecipano da sempre anche le proprietà limitrofe che accolgono turisti ed ischitani.

Fra le 74 chiese dell’isola d’Ischia – la gran parte costruite nel XVII e nel XVIII secolo – quella dello Spirito Santo ad Ischia Ponte, come oggi si chiama il Borgo di Celsa, è quella più ricca di Storia. Di quella Storia insegnata da Fernand Braudel “degli uomini nei loro rapporti stretti con la terra che li ha partoriti e che li nutrisce” e la Chiesa dello Spirito Santo , costruita interamente nel XVII secolo dai marinai, dimostra come il dialogo degli uomini con la terra dei padri “non cessa di ripetersi, che si ripete per durare, che può cambiare e cambia in superficie ma continua tenace come se fosse fuori dalla portata e dalla misura del tempo”. Entrando in questo tempio ripenso ai sacrifici economici dei marinai – padroni di barche, pescatori, navigatori – per costruire la loro chiesa ed il mio ricordo va a Mons. Pasquale Polito (1907-1994) che mi raccontò la “vita infame” di quei marinai “che avevano una grande fede e portavano nell’isola anche le devozioni che apprendevano nei loro viaggi. Così si spiega la devozione per Santa Maria di Costantinopoli. La chiesa era per questi uomini una “persona in più” della loro famiglia alla quale bisognava provvedere”. Ieri come oggi.

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