Si intitola semplicemente “23 marzo” il ricordo di Domenico Di Meglio (1949-2009) che appare, come aggiunta della prefazione, nel libro “Ischia, Luci e Ombre” sullo sviluppo” – il sistema economico-sociale dell'isola d'Ischia: dall'espansione selvaggia (1970-1974) al tempo della globalizzazione (2002-2010) di Giuseppe Mazzella che sarà presentato venerdì 2 Aprile 2010, alla Biblioteca Antoniana di Ischia per iniziativa dell'Osservatorio sui fenomeni Socio-economici dell'isola d'Ischia (OS.I.S) presieduto dal dottor Franco Borgogna.
Alla tavola rotonda prenderanno parte oltre a Franco Borgogna, il giornalista Gianni Vuoso, l'avvocato Nello Mazzella, Presidente dell'Associazione per il Comune Unico dell'isola d'Ischia, il professor Francesco Luigi Rispoli, ordinario di Composizione Architettonica ed Urbana all'Università Federico II di Napoli.
L'incontro sarà coordinato dal giornalista Ciro Cenatiempo.
Il libro – che vuole tracciare un excursus sullo sviluppo economico e sociale dell'isola d'Ischia negli ultimi 40 anni – è dedicato “ Alla Memoria di Domenico Di Meglio, ai suoi figli ed ai suoi nipoti. Ai miei figli Francesco e Sarah, a mio genero Francesco ed la mio nipotino Stefano ed a tutti i giovani dell'isola d'Ischia che esorto ad amare la terra natia e di lottare per “la vita, la libertà ed il conseguimento della Felicità” con la tenacia dell'indimenticabile Amico”.
Il 23 marzo del duemilanove era un lunedì. La primavera era arrivata da due giorni ma non si vedeva ancora. Dall’ufficio ero uscito prima perché mi sentivo un poco stanco. Avevo ancora dei problemi per la messa a punto del giardino. Erano circa le due del pomeriggio. Ero stato alcuni giorni prima da Gaetano Di Meglio, su a Fiaiano alla sede de “Il Golfo”, per impaginare questo libro che era praticamente finito già alla fine di dicembre del 2008. Ne avevo parlato molto con Domenico Di Meglio.
“Il problema del lavoro – dissi a Domenico – mi pare il più importante dei nostri tempi. Di fronte ad una espansione economica così grande dell’isola d’Ischia in questi ultimi trent’anni in cui abbiamo fatto giornalismo locale tutti gli altri problemi vengono dietro. Credo che il problema “sociale” causato dalla crescita economica sia prevalente su tutti gli altri dibattiti”. Domenico condivideva.
“Hai i dati di questo sviluppo? Dobbiamo pubblicarli ed aprire un forte dibattito” mi rispose.
La lunga premessa sul ruolo economico e sociale dell’impresa Domenico l’aveva già pubblicata nel mese di gennaio così come aveva condiviso l’impostazione che volevo dare al libro Franco Borgogna – il mio vecchio amico e compagno delle speranze della “Terza Via” – che scriveva da Bologna con una rubrica settimanale su “Il Golfo”.
Contavo di finire il tutto per la fine di aprile in modo che il libro potesse essere pubblicato in giugno all’inizio della stagione estiva. Questo è un campo dove i numeri cambiano ogni giorno e diventano superati nello spazio di giorni o di mesi.
Il 23 marzo era un lunedì ed erano circa le due del pomeriggio. Il mio cellulare squillò all'improvviso. Era Antonio Pinto. La notizia fu data senza preamboli.
“E’ morto Domenico. Scrivi qualcosa per domani. Penso che dovrai commemoralo tu”. Cominciai a piangere ed a ripetere decine di volte: No, Dio Mio questa propria no”.
Il 24 marzo nella Chiesa di Portosalvo lo ricordai così:
Salutiamo per l’ultima volta Domenico Di Meglio. Salutiamo l’Amico, il Fratello, il collega, il Compagno ed il Camerata e salutiamo il nostro concittadino che ha amato l’isola d’Ischia, nella sua complessità umana e nella sua ricchissima Storia, soprattutto e sopratutti e non possiamo non ricordarci della bella poesia di John Donne vecchia di oltre tre secoli:
“Nessuno uomo è un’Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra. Se una zolla viene portata dall’onda del mare, l’Europa ne è diminuita, come se un promontorio fosse stato al suo posto o una Dimora amica o la tua stessa Casa. Ogni morte d’uomo mi diminuisce perché io partecipo dell’Umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana: Essa suona per te”.
Siamo certi che la morte di Domenico ci diminuisce, fa sentire molto più piccola e molto meno felice la nostra e sua isola d’Ischia, che le Campane delle 74 Chiese dell’isola oggi hanno suonato anche per noi perché abbiamo perduto parte di noi stessi.
Tutti gli ischitani, e le centinaia di lettori de “Il Golfo” oggi lo piangono per ragioni molto diverse. Centinaia di persone piangono la sua generosità, il suo donarsi all’altro, all’umile, al povero, in maniera totale fino al sacrificio della vita.
Avevamo cominciato insieme ad amare il giornalismo e la vita civile 42 anni fa. Sui banchi di scuola. Da posizioni molto differenti. Ma abbiamo avuto il piacere di conoscere ed apprezzare l’Amicizia, oltre gli steccati ideologici della nostra generazione, le differenze di formazione, la concezione del mondo e della vita. Ma eravamo Amici. Sapevamo che nei momenti di avventura e di difficoltà potevamo contare l’uno sull’altro.
Questa Amicizia così leale e così aperta Domenico l'ha donata a centinaia e centinaia di persone.
Domenico chiude la sua vita come avrebbe voluto. Improvvisamente. Senza editoriali di lungo declino. A 60 anni. Dopo aver visto i suoi amati due figli incamminati per la difficile strada della vita, i suoi amatissimi nipoti felici.
Ai suoi figli ed ai nipoti non lascia, come eredità materiale, che questo giornale – “Il Golfo” - al quale io ho dato il nome in un giorno di primavera del 1989 ed al quale Egli ha dedicato tutta la sua vita, spendendosi fino all’ultimo con l’obiettivo di servire l'isola d’Ischia e non di servirsene.
Ci sarà tempo – quando smetteranno di scorrere queste lacrime - per un esame più rigoroso sulla sua opera ma sento di interpretare la voce ed il cuore di tutta l’isola d’Ischia e di quella di Procida ma anche di quella della Napoli Operaia che Lui amava dall’esperienza di direttore de “La Verità”, se dico che Domenico Di Meglio ha costruito la stampa locale nell’isola d’Ischia ed ha cercato – con tutte le sue forze – di realizzare una società più giusta e più umana in quest’isola dove sono presenti le contraddizioni più vistose del capitalismo.
Cercare di dare un “volto umano al capitalismo” o dare “il sangue o un valore morale al danaro” è il minimo comune denominatore che ci univa.
Questo credo che sia stata l’autentica ideologia di Domenico Di Meglio e credo che questo sia il nostro impegno di noi sopravvissuti. Dobbiamo avere il suo coraggio, debbono averlo soprattutto i suoi redattori che ha amato come Fratelli, Sorelle, Figli e dobbiamo continuare la sua opera con il suo giornalismo militante capace di costruire un mondo più giusto soprattutto per i meno fortunati ed i meno ricchi e per i giovani.
Adesso piangiamo l’Amico, il Fratello, il Compagno, il Camerata e siamo vicini con tutto il cuore alla moglie Rita, ai figli Gaetano ed Angela, alla sua anziana Madre, ai fratelli ed ai nipoti. Mancherà a tutti noi ma siamo certi che egli lascia un segno incancellabile ed irripetibile per Cultura, Passione e Sacrificio nella Storia della nostra isola e nella Storia del giornalismo italiano”.
Fu interrotto dagli applausi soltanto quando pronunciai all’inizio il termine “camerata”. Una enormità di gente ascoltò in silenzio le mie poche parole espresse dal profondo di me stesso.
Ho ripreso con fatica a scrivere di cose locali. Resto di un’altra generazione. Quella che era contraria all’imperialismo americano ed anche a quello sovietico. Ma confermo che credo ad un “giornalismo di riflessione” nella società della “triturazione informativa” come la chiama Mario Capanna.
Domenico – il terzo amico e collega che ho commemorato dopo Franco Conte e Mario Ciuffi e non ce ne saranno altri - è morto il 23 marzo.
"Nessuno può “deliberare” sulla propria vita. Bisogna accettare la vita così come si presenta, così come la troviamo” mi aveva detto l’avv. Mario Buono, un altro Maestro di vita, che avevo ricordato sul “Settimanale d’Ischia” all’indomani della morte nel 1987 ed il cui ricordo è riportato nel mio libro “Tempi d’Ischia” del 1988.
Un altro fascista onesto. Ispettore di zona del fascio che mi disse che “la valutazione storica del fascismo deve ancora essere fatta. Quando il fascismo è caduto non sono scappato né mi sono trasformato. Sono rimasto quello che ero, una persona perbene, e gli americani quando vennero mi rispettarono e già sapevano tutto di me”.
Domenico credeva nella “destra sociale” e mi è piaciuto ricordarlo soprattutto come giornalista politico.
Domenico è morto il 23 marzo. Se avesse potuto scegliere un giorno per morire, se avesse potuto “deliberare” sulla sua vita avrebbe scelto di morire il 23 marzo.
Il primo fascio di combattimento fu fondato da Benito Mussolini a Milano il 23 marzo 1919 in una riunione convocata dalle colonne de “Il popolo d’Italia”.
Ha “deliberato” sulla sua vita e perfino, senza saperlo, sulla sua morte.