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Una Politica di Rinascimento per Casamicciola con la finanza di progetto

Il complesso Pio Monte della Misericordia

Società
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Fallimento di Bagnoli Futura o fallimento della finanza di progetto? Una Politica di Rinascimento per Casamicciola

Il fallimento di Bagnoli Futura – la più importante Società di Trasformazione Urbana, l’istituto previsto dall’art.120 del Testo Unico degli Enti Locali del 2000 per il recupero produttivo delle aree dismesse , di tutto il Mezzogiorno d’Italia - che in poco meno di 10 anni ha accumulato 59 milioni di debiti senza riuscire nello scopo di risanare e riconvertire l’ex-area industriale dell’Italsider che si estende per 120 ettari in un posto di grande interesse naturalistico, ripropone con drammatica attualità il problema non solo della possibilità di attuare la Pianificazione Territoriale ma anche quello di utilizzare la cosiddetta “finanza di progetto”, cioè il concorso del capitale privato per la realizzazione e gestione di grandi strutture ed infrastrutture pubbliche oltre a ben utilizzare le risorse finanziarie pubbliche.

Ripropone anche la fattibilità o l’esercizio o l’utilizzazione da parte dell’amministratore comunale di norme contenute nella legge ordinamentale dei Comuni per l’attuazione dei programmi urbanistici, economici e sociali di un Comune e quindi ripropone il modo stesso di fare Politica negli enti locali.

Sul recupero di Bagnoli sono stati scritti fiumi di inchiostro e sono stati investiti da parte dello Stato, della Regione Campania, della Provincia e del Comune di Napoli, milioni di euro senza raggiungere l’obiettivo della riqualificazione dell’area tanto che il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, ha dichiarato che “Bagnoli è uno scandalo da cui da oggi rispondo io”. Quasi come una avocazione al Governo cioè al potere centrale di risolvere la questione che si trascina da ventitre anni e cioè dalla chiusura dell’Italsider e dal fallimento delle politiche di forzosa industrializzazione del Mezzogiorno.

La STU (Società di Trasformazione Urbana) da parte del Comune di Napoli – comproprietario della società al cui capitale di rischio partecipa anche la Provincia di Napoli e la Regione Campania – fu vista come lo strumento giuridico e finanziario per recuperare l’area di Bagnoli.

La STU fu “importata” nella legislazione italiana dalle Leggi Bassanini del 1997 mutuando da qualcosa di similare dalla legge francese. Era ed è una buona intuizione. Stabilisce la possibilità per i Comuni di costituire apposite società di capitali con soci privati per il recupero di aree dismesse che non sono state autonomamente recuperare dal libero mercato dei suoli e dei fabbricati. Queste aree dismesse – terreni, fabbricati, ex aziende industriali e sanitarie anche di proprietà di opere pie – possono essere cedute consensualmente alla costituita società di trasformazione urbana dai legittimi proprietari previo il pagamento delle indennità ,però a prezzo di “dismissioni” e non di “esercizio”, o “tramite il potere di esproprio”. L’esproprio dell’area per la realizzazione di un intervento di opera pubblica viene visto come extrema ratio per ottenere la “piena proprietà” degli immobili condizione necessaria ed inderogabile per raggiungere l’obiettivo del risanamento ambientale e della riutilizzazione produttiva.

Queste società hanno avuto buon successo in molti Comuni italiani – come Macerata, Ferrara, Bologna – quando gli interventi erano di accettabile misura ed erano assolutamente produttivi.

Nel caso di Bagnoli si tratta di una riqualificazione gigantesca di enorme impegno finanziario e soprattutto di dubbia redditività. Il capitale privato non ha mostrato interesse agli investimenti.

Si può trarre la conclusione che la STU funziona solo per interventi strutturali ed infrastrutturali in aree economicamente mature o in perdita di sviluppo ma non può funzionare se rappresenta una “cattedrale nel deserto” senza alcuna prospettiva di redditività economica per gli investimenti e di rilancio complessivo di tutto il sistema locale di sviluppo delimitato dalla dimensione del Comune stesso.

Da oltre 16 anni vado proponendo questo strumento per l’area in perdita di sviluppo di Casamicciola nell’isola d’Ischia non solo per il fondamentale recupero del complesso del Pio Monte della Misericordia che ha una superficie coperta di 55mila mc. su di un’area di 24 mila mq. e che è al centro di una complicatissima vicenda giuridico-giudiziaria che si trascina da quaranta anni senza trovare una soluzione con i mezzi legali del Diritto Civile. Ma anche per recuperare produttivamente il bacino termale di La Rita dove esistevano fino a qualche anno fa almeno 7 stabilimenti termali oggi dismessi ed in abbandono ma di proprietà privata.

Il Comitato Colibrì costituito da studiosi locali per iniziativa dell’OSIS e la cui presidenza è affidata all’arch. Caterina Iacono, promotrice nel 2012 dell’appello nei Luoghi del cuore del FAI, da oltre due anni ha presentato un progetto di fattibilità giuridica ed economica per 16 interventi strutturali ed infrastrutturali per recuperare almeno 100mila mc. di superficie coperta, dotare il Comune di parcheggi e di aree verdi, dare un ruolo all’ex-Capricho de Calise in Piazza della Marina, realizzare e gestire un Museo Civico di Storia Moderna dell’isola d’Ischia, un sistema portuale costituito da tre approdi di cui due turistici, e con una richiesta di finanziamento nell’ambito dei fondi europei 2014-2020 di almeno 100milioni di euro e con assoluta trasparenza attuando metodologicamente lo strumento della “conferenza dei servizi” prevista dalla legge 241/90 e successive modifiche. Abbiamo tenuto convegni e meeting per illustrare alla pubblica opinione il progetto che abbiamo chiamato “I Percorsi delle Therme” perché è anche una progettualità che si direbbe di “marketing territoriale”(ricerca di investitori italiani ed esteri) o di “finanza di progetto (PPP Partenariato Pubblico Privato)”per la “Coesione Economica e Sociale dell’Isola d’Ischia” dove sei Comuni non hanno più senso e produttività e ragione economica e sociale.

Se una simile STU viene inquadrata nell’ottica di attuazione della Pianificazione Territoriale e della Programmazione Economica ,che pur viene chiesta e richiamata sia nel testo unico degli enti locali sia negli stessi Statuti, simboli della ottenuta potestà regolamentaria dei Comuni, allora può avere speranza il ritorno della Politica (con P in maiuscolo) nei nostri Comuni dopo un ventennio di sfrenato liberismo economico e di una complicatissima riforma della Pubblica Amministrazione eternamente in itinere con passi in avanti e cento indietro come sta emergendo al corso di formazione per i dipendenti comunali, “Il funzionario comunale nella riforma della pubblica amministrazione”, che stiamo tenendo nell’isola d’Ischia per iniziativa dell’Università Telematica “Pegaso”, del quotidiano “Il Golfo” e dell’Ente Morale ANSI.

Si tratta di riprendere in mano, da parte delle classi dirigenti dei Comuni, la conduzione dello sviluppo locale attraverso la Politica di Programmazione Economica vista come necessario intervento pubblico – anche per l’utilizzazione dei fondi europei del piano 2014-2020 - non per distruggere l’economia di mercato (smettiamola di chiamare “comunista” ogni proposta di razionalizzazione del capitalismo!) ma per consolidarla e dare un senso sociale all’economico anche ai fini dell’occupazione soprattutto giovanile.

Insomma: un ritorno al Diritto Pubblico per l’Amministratore Pubblico ed alla Programmazione Economica ed alla possibile Pianificazione Territoriale.