Per capirci qualcosa nella pubblica amministrazione italiana bisogna essere uno scienziato. Uno scienziato di molte discipline. C’è una immensità di leggi, leggine,decreti, regolamenti, circolari ed interpretazioni che è come incamminarsi in una giungla. La Riforma della Pubblica Amministrazione è eternamente in itinere. Una cinquantina di anni fa fu istituito perfino un Ministero senza portafoglio chiamato “per la Riforma burocratica” poi il Ministero si è chiamato in altri modi fino ad arrivare al termine “funzione pubblica”. I “riformatori” hanno avuto nomi illustri come Giannini, Stammati, Cassese, Bassanini ed altri ancora ma siamo sempre al punto di partenza.
Con le “direttive” dell’Unione Europea l’Italia ha dovuto adeguare la sua Pubblica Amministrazione a quelle degli altri Paesi europei e sembrava che soprattutto per gli enti locali, i Comuni, la Provincia e la Regione, quelli più vicini ai cittadini, il quadro normativo diventasse più chiaro. I Comuni e le Province hanno dal 2000 un “Testo Unico degli Enti Locali” cioè tutte le leggi stanno lì dentro. Ci stanno anche tutte le leggi ordinarie fatte approvare dal prof. Franco Bassanini. Ogni Comune ed ogni Provincia ha dovuto approvare addirittura uno “Statuto” e tutta una serie di Regolamenti di attuazione forse per applicare il principio di Silvio Spaventa, vecchio di cento anni, secondo il quale la “discrezionalità dell’amministratore pubblico deve essere ridotta ai minimi termini. Gli atti amministrativi scritti si dividono in “atti di indirizzo” nelle rispettive competenze del sindaco, della giunta e del consiglio comunale ed in “determinazioni” dei Dirigenti o dei Funzionari che vengono dette “determine”, con pessimo italiano, per rimarcare la differenza tra il “potere di indirizzo” e la “responsabilità di amministrazione”. E’ evidente che con questa divisione la “Dirigenza”– ma l’intera struttura burocratica del Comune perché le responsabilità di confezionare l’atto amministrativo sono anche del “responsabile del procedimento”- acquista una importanza decisiva per il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. Il primo provvedimento che deve adottare un Sindaco è organizzare una buona struttura burocratica.
Il Comune è inquadrato come una “azienda di servizi” al cittadino e come prima cellula della Democrazia delle Autonomie. Le due funzioni sono inscindibili.
Per organizzare questi servizi il Comune poteva costituire anche “società di capitale” di diritto privato – per azioni o a responsabilità limitata. Dagli anni 90 in poi – forse in virtù della ventata liberistica – i Comuni hanno “esternizzato” i servizi con proprie società di capitale dette “in house”. Queste società sono diventate migliaia tanto che nel 2007 l’allora presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, denunciò sul “Corriere della Sera” “le faraoniche spese per consulenti di ogni genere e tipo che si consentono le amministrazioni centrali e soprattutto di quelle locali: i 17.500 consiglieri di amministrazione, lautamente retribuiti di quelle società pubbliche che soprattutto a livello locale sono diventate delle discariche di politici trombati: le 180.000 persone elette e remunerate che in Italia vivono di politica” (Corriere della Sera, 29 agosto 2007). Occorreva una “firma della riforma”. Per “riformare” le partecipate ci prova in quegli anni il Ministro della Funzione Pubblica, Lanzillotta.
“Se i Comuni – scriveva la Ministra Lanzillotta che è la moglie dell’ex-Ministro Bassanini – vorranno gestire direttamente i servizi pubblici lo potranno fare attraverso i propri uffici e con le aziende speciali che altro non sono se non un’articolazione amministrativa dello stesso Comune. Essi dovranno agire secondo le regole stringenti e trasparenti del regime pubblicistico: i bilanci delle aziende speciali saranno sottoposti alle regole del patto di stabilità, le assunzioni si faranno per concorso, gli appalti con regole pubbliche, l’obbligo di operare solo per conto del Comune proprietario ed entro il suo territorio, l’impossibilità di partnership con i privati. Se invece si sceglierà di operare secondo una logica imprenditoriale attraverso una società per azioni, allora per scegliere il gestore si dovrà passare attraverso una gara. Starà al Comune decidere come è costituzionalmente giusto che sia. E non ci sarà differenza tra società pubbliche, private o miste: bisognerà dimostrare con le gare di essere efficienti e di offrire una migliore qualità”. La Ministra Lanzillotta – che attualmente è una parlamentare di Scelta Civica – dichiarò che la sua riforma voleva correggere i guasti prodotti dalle norme Buttiglione ( il Ministro dell’UDC del primo Governo Berlusconi) che “consentendo un indiscriminato ricorso agli affidamenti in house a società pubbliche e miste ha alimentato la moltiplicazione di tali società con una crescita sproporzionata del peso della politica e il conseguente aumento delle tariffe o dei tributi locali per pagare inefficienze, apparati sproporzionati, gestioni sotratte sia ai controlli pubblici che alla verifica del mercato”. La riforma Lanzillotta non fu mai approvata. Le società pubbliche di diritto privato dei Comuni sono diventati dei “carrozzoni” in permanente squilibrio finanziario tanto da far dichiarare al Presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Napoli, prof. Lucio Di Nosse, al convegno sui “Tributi Locali” promosso da “Il Golfo” con l’Università Telematica “Pegaso” il 7 dicembre 2013 all’Hotel Re Ferdinando di Ischia che “la sezione fallimentare del Tribunale di Napoli è un enorme assessorato che gestisce l’acquedotto, i trasporti pubblici, ed altri servizi poiché le maggiori “partecipate” sono in regime di fallimento come soggetti formalmente di diritto privato”.
Nell’isola d’Ischia abbiamo almeno 9 società di proprietà dei sei Comuni. L’EVI che gestisce l’acquedotto e le fognature è in “liquidazione” da anni e per i 76 dipendenti che sono un organico eccessivo perché con un costo del personale insopportabile per la redditività di una società di capitale è stato approvato un “contratto di solidarietà”. Anche due società del Comune di Forio sono in liquidazione per la gestione della raccolta rifiuti. Anche la società multi servizi del Comune di Casamicciola chiamata “Marina di Casamicciola” è in liquidazione e pare che la Commissaria Prefettizia ha licenziato 16 dei 40 o poco meno o poco più dipendenti.
Essendo la finanza locale ormai per l’80% di entrate proprie cioè con tributi locali – l’IMU e la TARES soprattutto – i Comuni non hanno altra via che razionalizzare le loro macchine amministrative con una “efficienza” dei dipendenti tutti dall’operaio al dirigente e con una giusta pressione fiscale dei tributi locali – al grido di “pagare meno ma pagare tutti”– con una serrata lotta all’evasione e nello stesso tempo di rivedere il ruolo delle “partecipate” con una politica di riduzione del personale anche con ammortizzatori sociali o con revisione delle piante organiche.
Insomma la riforma Lanzillotta non attuata nella forma legislativa deve trovare attuazione della durezza della Finanza Locale e nello stesso tempo i Comuni debbono guidare lo sviluppo riscoprendo la Pianificazione Territoriale e la Programmazione Economica individuando investimenti per accrescere lo sviluppo e l’occupazione giovanile e ricercando finanziamenti dallo Stato, dalla Regione e dall’Unione Europea. Queste società debbono applicare la legge 241/90 sulla trasparenza anche istituendo un “Comitato degli utenti” affinchè siano “libri aperti”.
Che un sindaco di una grande città come Firenze, Matteo Renzi, per la prima volta nella Storia italiana passi a capo del più grande partito italiano e diventi Presidente del Consiglio dei Ministri dall’aspetto e solo da questo di conoscitore diretto delle problematiche di un ente locale, è un buon segno. Si potranno sperare riforme più contenutistiche per gli enti locali, più attenzione per il Mezzogiorno, più velocità nella definizione ed attuazione della Città Metropolitana in luogo della Provincia soppressa. Ma i nostri amministratori locali bene farebbero ad intraprendere una coraggiosa politica di auto-riforma per la modernizzazione e l’efficienza dei Comuni.
La crisi economica e finanziaria è soprattutto dei “sistemi locali di sviluppo” come il caso paradigmatico dell’isola d’Ischia che è un Distretto naturale ed economico unico.
E’ nel governo della nave nella tempesta che si misura il valore del Comandante e dell’equipaggio.
Casamicciola, 16 febbraio 2014