Casamicciola, la notte della Regina
“Quarante ans, l’age terrible ou on deviens ce qu’il on est” ha detto un poeta. “Quaranta anni l’età terribile in cui si diviene quello che si è”. Come per dire che la persona umana a 40 anni deve essere nel pieno della realizzazione professionale, della maturità, della consapevolezza di se stessa.
Ma se è vero per la persona umana la considerazione del poeta può esserlo anche per le “cose” realizzate dall’uomo? Un albergo, un ristorante, un lido sul mare, che per 40 anni ha visto ospitare o passare uomini e donne, ragazze e ragazzi di ogni parte del mondo; ha visto esibirsi cantanti e musicisti provenienti dagli angoli più disparati della terra ed ancora ha visto al lavoro centinaia di uomini e donne, non finisce per diventare una “persona”? Piero Ottone, il nostro Maestro di giornalismo, chiamava addirittura il giornale “una persona”, “un amico”. Se chiude un albergo o un ritrovo di successo dopo 40 anni non muore anche tutta la “storia vivente” che ha visto scorrere e che vi era contenuta come una scrigno di ricordi, di amori, di avventure?
A Casamicciola nella “Piazza della Marina” – si chiama correttamente così con l’articolo determinativo che invece viene soppresso comunemente –che è stata “modificata” almeno 4 volte in cento anni fino ad assumere da qualche anno l’attuale aspetto con la fontanina al centro c’è da almeno 40 il complesso immobiliare chiamato “Capricho de Calise” su due livelli. Al primo piano c’è l’ampia sala da tè, il bar-ristorante, l’altra sala ristorante ed infine la balconata sul mare.
Al seminterrato c’è un ampio locale che funzionava da night-club in seguito discoteca ed alcuni spazi adibiti a depositi. La superficie è di circa 600-700 mq. con le due terrazze esterne, la prima sul Corso Luigi Manzi e la seconda sulla strada statale che dà sul porto turistico e commerciale.
Questo “complesso immobiliare” è stato per 41 anni il più importante ritrovo commerciale di Casamicciola. Il complesso fu realizzato agli inizi degli anni ‘ 60 del ‘900 su suolo comunale da un costruttore romano in regime di concessione trentennale con il Comune di Casamicciola che al termine della concessione ne diveniva anche pieno proprietario. La concessione prevedeva anche la locazione del tratto di spiaggia che allora dava sulla “Marina” non ancora diventata “ Porto”. Ma il complesso commerciale per tutti gli anni ‘60 non ebbe un grande successo ed una buona organizzazione
Tanto che nel 1969 la società del costruttore romano fu rilevata dalla ditta del Cav. Francesco Calise e dei figli Emiddio, Marianna, Elsa e Maria che effettuò – su progetto dell’arch. Ugo Cacciapuoti - lavori di ristrutturazione ed abbellimento in stile moresco per farne un completo e romantico complesso di intrattenimento: Bar, Ristorante, Pizzeria, Tea Room, Night Club. E’ probabile che il nome “capricho”, in spagnolo, fu inventato da Emiddio Calise, l’unico figlio maschio del “Cavaliere” e grande imprenditore-innovatore della ristorazione che alcuni anni prima aveva “inventato” il Bar Calise nella pineta di Ischia Porto con grande successo. A ricordo, forse, dell’anno di apertura fu posto nell’ingresso centrale il bel pavimento in ceramica di De Simone.
Il decennio 1970-1980 fu di grande espansione e di grande successo per il “Complesso Calise” soprattutto con il night-club.
Ricavato nel seminterrato, non molto alto e con una capacità ricettiva di 300-400 persone il night club “Capricho de Calise” divenne uno dei più famosi locali notturni dell’isola d’Ischia. Non solo durante la stagione estiva ma anche durante il lungo inverno. Suonarono al “Capricho de Calise” i Ricchi e Poveri, reduci da San Remo dove vinsero il Festival, Romano Mussolini, Fred Bongusto ed ancora Gegè Di Giacomo con l’orchestra che fu di Renato Carosone e Umberto Bindi e perfino il re del Mambo, Perez Prado.
Era posta – proprio all’ingresso interno del night sulla parete - una vera e propria galleria dei poster degli artisti famosi che erano stati al “Capricho”. Poi i gusti del pubblico mutarono e da night il “Capricho” divenne discoteca poi ancora fu chiuso forse perché le nuove norme sulla sicurezza non lo facevano più idoneo.
In compenso fu valorizzato meglio il ristorante e la pizzeria con la caratteristica iscrizione “Cheste so’pizze” mentre conservava tutto il suo fascino la sala da tè che di sera si trasformava in un romantico piano-bar per le persone di mezza età e naturalmente la qualità dei prodotti ed il servizio sono stati sempre di alto livello come nella tradizione della famiglia Calise che dal 1925 ha l’altro bel locale nella Piazza ristrutturato alcuni anni fa dalla mano competente dell’arch. Sandro Petti.
Ma da una decina d’anni a questa parte il complesso aveva perso competività forse perché è nata una lunga vertenza con il Comune di Casamicciola per il rinnovo della “concessione” e la fissazione del canone di fitto. Anche l’apertura stagionale è andata decrescendo. Al Municipio di Casamicciola presso l’Ufficio Tecnico c’è un faldone enorme relativo a questa vertenza che si aggiunge all’altra, storica, del complesso Pio Monte della Misericordia ed ancora a quella dell’acquisto e dell’utilizzazione della Villa Comunale della Bellavista ex Napoleon e dell’occupazione dell’ex-albergo Savoia.
Casamicciola appare il Municipio emblematico delle “liti amministrative” e della mancata “continuità amministrativa” dei vari Sindaci ed assessori che si sono succeduti negli ultimi 40 anni.
Le liti giudiziarie tra il Comune e la Società Calise S.n.C. di cui è amministratrice la dottoressa Elsa Calise hanno visto la vittoria del Comune che due mesi fa ha preso possesso dei locali attraverso il Comandante dei Vigili Urbani, Gelsomino Sirabella, che da allora custodisce le chiavi del complesso per conto del Comune. La società Calise dovrà liberare i locali di ogni attrezzo in tre mesi. Ma – le bocche sono cucite presso la famiglia Calise sulla vicenda - pare di avvertire che la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa. Il Comune dal canto suo ha bandito una gara per il fitto triennale del complesso al canone di 250 mila euro all’anno, secondo la stima dell’Agenzia delle Entrate, ma la gara è andata deserta come ci informa l’ing. Marzano del Comune che cura la pratica.
E’ probabile quindi che il complesso Calise diventerà un’altra “maceria” di Casamicciola che si affiancherà alle “macerie” del complesso Pio Monte della Misericordia, agli stabilimenti termali dismessi di La Rita e di Piazza dei Bagni ed alla “pompa di benzina” in costruzione sequestrata sul lungomare per Lacco Ameno. E’ il timore che hanno tutti in Piazza della Marina – dai commercianti ai cittadini avventori - ma tutti appaiono rassegnati ad un lento tramonto di Casamicciola. Il complesso appare già in stato di abbandono e già comincia ad essere vandalizzato e le belle piante tropicali e mediterranee che ornavano le terrazze sembrano avviate alla morte quasi immalinconite dalla chiusura.
Un tempo Casamicciola era la Regina del turismo nell’isola d’Ischia. Ne parla perfino lo storico Giuseppe d’Ascia nel suo libro del 1867 ma ne parlano decine di scrittori di ogni parte del mondo che nel secolo XIX e del XX consigliavano Casamicciola sia per la qualità delle acque sia per i suoi “comodi di vita”. Casamicciola aveva il Cinema, i dancing sul mare, le ampie sale congressuali del complesso maestoso del Pio Monte della Misericordia, i migliori alberghi, i più rinomati stabilimenti termali tanto che nel 1953 il Maestro Arturo Toscanini effettuò un ciclo di cure alle Terme La Rita di Michele Castagna.
Così Casamicciola da centro economico più noto dell’isola d’Ischia è diventata la “periferia” della Città d’Ischia dove perfino l’unica libreria-cartoleria della piazza centrale quest’anno ha chiuso.
Si impoverisce anche la società civile essendo scomparse le sedi dei partiti politici e dei circoli culturali.
41 anni poteva essere l’età giusta per diventare il locale “storico” di Casamicciola per il “Capricho”, forse anche per avviare una società-mista con la diretta partecipazione del Comune al capitale di rischio insieme alla famiglia Calise che ha sempre amato, al di là del semplice lucro aziendale, il proprio paese di origine. Ed è questa la soluzione che proponiamo nell’interesse della “riscossa” della cittadina che non può essere ricordata ed apparire nelle polemiche giornalistiche nazionali soltanto perché sotto le macerie del terremoto del 28 luglio 1883 morì tutta la famiglia di Benedetto Croce il cui padre avrebbe consigliato al figlio diciassettenne di elargire centomila lire per la propria salvezza secondo lo scrittore Roberto Saviano.
Forse è tempo di arrestare la decadenza. Dopo la notte, anche la più lunga, c’è sempre l’alba.