di Giuseppe Mazzella
Resto sconcertato dal modo in cui si tenta di avviare la pianificazione territoriale – e, di riflesso, la programmazione economica – sull’isola d’Ischia, dopo un dibattito che dura da oltre 60 anni. Una questione che supera persino la mia esperienza personale, che pure si estende per oltre mezzo secolo. Cinquant'anni sono un tempo significativo nella vita di un uomo. Mi considero fortunato a poterlo ricordare.
Resta impressa nella mia memoria un'intervista al prof. Edoardo Malagoli del 1987, in cui mi parlò di un convegno del 1962 volto a proporre un nuovo piano urbanistico, in sostituzione del Calza Bini del 1942, del quale, tra l’altro, non si trovavano più gli allegati regolatori o attuativi. Erano gli inizi del grande "sacco di Ischia", con la speculazione edilizia che dilagava. Malagoli – che allora era presidente della sezione ischitana di "Italia Nostra", mai più ricostituita dopo di lui – aveva già intuito che occorreva “contenere la pressione storica dello sviluppo”, come mi disse allora.
Sono passati 25 anni dalla sua morte. Eppure, noi stiamo ancora discutendo su come contenere quella pressione storica dello sviluppo.
50 anni e 50 giorni
Il Dispari – quotidiano di Ischia e Procida, collegato a Il Mattino – nell’edizione di martedì 1° ottobre 2025, ha riportato una notizia sconcertante: il cosiddetto “Piano della Ricostruzione” per i tre comuni colpiti dal sisma del 21 agosto 2017 – Casamicciola, Lacco Ameno e Forio – non è ancora stato approvato dalla Regione Campania, nonostante siano passati cinque anni dalla legge che ne assegna la competenza.
Ricordo che Casamicciola è stata duramente colpita anche dalla tragica alluvione del 26 novembre 2022, con 12 morti e almeno un terzo del territorio completamente distrutto o inagibile.
Eppure, dopo cinque anni di lavoro di 35 tecnici, il Commissario di Governo Giovanni Legnini ha annunciato, l’11 agosto scorso, che il Piano – una volta completato l’iter delle osservazioni – era pronto per essere firmato dal presidente della Regione Vincenzo De Luca, per l’approvazione definitiva tramite decreto presidenziale.
Sono passati 51 giorni. Possibile che il presidente De Luca – oggi in uscita e impegnato a invocare un “programma” al centrosinistra – non trovi il tempo per firmare un decreto elaborato da 3.500 dipendenti regionali? Possibile che si chieda un “programma” politico, quando non si è stati in grado di dare all’isola d’Ischia un Piano di Ricostruzione?
Lascio ad altri la polemica politica. I miei anni sono ormai troppi. In cinquant’anni di impegno per lo sviluppo locale, quello che speravo di realizzare non si è realizzato. Per me, la Regione – come ente locale – è da abolire. Era meglio il vecchio sistema accentrato, fondato su Provincia e Comuni.
Regione: decentramento o autocrazia?
Se il diritto conserva ancora una logica nella pubblica amministrazione, un organo che adotta un provvedimento deve anche completarne l’iter. Se è stata la Giunta Regionale ad “adottare” il Piano di Ricostruzione per i tre Comuni, deve essere la stessa Giunta ad approvarlo definitivamente. Non si può ricorrere a un “decreto monocratico del presidente”, come affermato dal commissario Legnini – che, lo ricordo, è prima di tutto un giurista.
Credo che la sua interpretazione sia dettata dall’urgenza di far partire finalmente l’attuazione del Piano. Ma, per competenza, ritengo addirittura che un piano di ricostruzione a valenza generale debba essere approvato dal Consiglio Regionale.
Siamo entrati nei tempi biblici della ricostruzione. Si stanno demolendo immobili a otto anni dal sisma, con ordinanze sindacali "contingibili e urgenti", quando lo stato di emergenza è ormai chiuso e si sarebbe dovuto già realizzare un Piano Attuativo.
Non era necessario disegnare il Giardino dell’Eden. Bastava predisporre un piano parziale, non generale, da aggiornare nel tempo, senza inseguire l’utopia della pianificazione perfetta.
Oggi saremmo già a un punto molto avanzato nella realizzazione.
Casamicciola, 4 ottobre 2025
Giuseppe Mazzella – Il Continente