33mila fallimenti negli ultimi tre anni. Il 70% delle imprese lamenta difficoltà nel recupero dei crediti commerciali e scarsa liquidità, il 50% ha rapporti difficili con le banche
Roma, 4 luglio 2012 – Il numero di fallimenti di imprese è aumentato vertiginosamente negli ultimi tre anni: complessivamente 33mila procedure avviate tra il 2009 e la fine del 2011, riguardanti in gran parte strutture di piccole e piccolissime dimensioni. Questo dato ribatte con quello sul ridimensionamento complessivo della struttura produttiva del Paese. Rispetto alla fase pre-crisi (prima metà del 2008) oggi mancano all'appello circa 13mila imprese. Su 100 imprese costituite nel 2006, attualmente soltanto 58 risultano ancora attive, mentre il tasso di sopravvivenza nei primi anni 2000 era del 63%.
La crisi economica non accenna ad attenuarsi nonostante alcuni interventi strutturali approntati negli ultimi otto mesi. E se ora si discute delle misure per la crescita, occorre capire con esattezza come e dove intervenire. «Il Paese mantiene ancora fondamentali solidi, con un elevato livello di risparmio delle famiglie e un tessuto d'impresa in gran parte dotato di una consistente carica competitiva – ha dichiarato oggi Giuseppe De Rita, presidente del Censis, da sempre impegnato a dare voce all'impresa minore –, ma è innegabile che le molte energie manifestate in passato mostrano ormai gravi segnali di logoramento. Prenderne atto è un modo per capire meglio quali strumenti di sostegno possono essere messi in campo».
Uscire dalla lunga recessione e ripartire significa investire in innovazione a tutto campo, ma soprattutto sostenere quel vasto numero di imprese di piccole dimensioni che costituiscono, com'è noto, il 90% del sistema produttivo, oggi stremato. Attraverso diverse indagini condotte negli ultimi otto mesi, il Censis ha rilevato che più del 70% delle aziende ha gravi difficoltà nel recupero dei crediti commerciali (con conseguente grave scarsità di liquidità) e più del 50% ha rapporti abbastanza difficoltosi con le proprie banche di riferimento. I casi di effettivo ottenimento del credito si sono notevolmente ridotti, specie in ambito bancario, passando dall'86% del 2007 all'attuale 78%. Gli ultimi dati della Banca d'Italia indicano a inizio 2012 una flessione, per oltre 17 miliardi di euro, di crediti concessi a imprese e famiglie.
Occorre da subito attenuare la fase di credit crunch con strumenti diversi che spaziano dal maggiore ricorso a strutture e reti di garanzia, come i confidi, fino a interventi più mirati, come il microcredito, per le strutture di piccole dimensioni in difficoltà. L'Italia è all'avanguardia per esperienze di micro-finanza a sostegno di piccole strutture, ad esempio intervenendo con strumenti di credito, di micro-leasing, di garanzia con prodotti assicurativi. L'Ente nazionale per il microcredito, che opera sotto l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, è un punto di riferimento in Europa per l'esperienza maturata a fianco della micro-impresa. In un'economia sociale di mercato, solo un ente pubblico può efficacemente occuparsi delle fasce sociali più deboli. Attraverso questa azione si possono trasformare disoccupati in contribuenti attivi, facendoli uscire dal lavoro nero. In un momento di lotta agli sprechi, l'Ente nazionale per il microcredito ha saputo guadagnarsi un ruolo decisivo per il collegamento tra le istituzioni comunitarie e il contesto nazionale in merito a politiche e programmi per il credito. Nell'ottica di un'oculata politica di spending review, il microcredito rappresenta uno dei pochi strumenti anticilici di autoimpiego. Ne è dimostrazione il fatto che l'Ente, a fronte di 3 milioni di risorse destinate al suo funzionamento spese nel triennio 2010-2012, sia stato in grado di assicurare al sistema-Italia, per lo sviluppo del microcredito, fondi a valere su progetti comunitari per un importo totale pari a tre volte tale somma.
«Nel solo periodo compreso tra dicembre 2011 e febbraio 2012 i prestiti alle imprese si sono ridotti di oltre 16 miliardi di euro – ha continuato De Rita –. Il dato mi spaventa perché è il segnale di un malessere che rischia di diventare strutturale. È chiaro che, in una situazione di difficoltà e di forte razionamento del credito come quello registrato nel Paese negli ultimi mesi, occorre fare affidamento su tutte le strutture che operano sia nel pubblico che nel privato in materia di finanza e soprattutto di micro-finanza. È un bene che il Governo proceda celermente con la spendig review – ha concluso De Rita –, ma penso sia fortemente auspicabile incentivare e promuovere ancora di più strutture ed enti come quello nazionale per il microcredito che sembrano oggi rappresentare un puntello di fronte a uno scivolamento che per ora appare senza fine».