Il Maiale... La Grande Maialata anno 22 - 2 week end con il porco! Gli Insegnamenti del Sig. Porco - Quando dire Porco-maiale è bello è un grugnito di sapori.
C’è un bisogno diffuso, sempre più avvertito, di ritorno consapevole alle radici: non bisogna perdere la memoria del proprio passato, in questo inizio-millennio carico di tecnologie e di interrogativi sulla futura qualità della vita.
Questo avviene sul piano individuale, su quello della ricerca storica e letteraria, e in un ambito meno impegnativo e più piacevole, qual è quello del folklore e, soprattutto, della gastronomia, che racchiude significati molteplici e affascinanti.
L’arte culinaria rappresenta il trionfo del piacere del palato, puntando sulla qualità dei prodotti, sui profumi e gli aromi; sulla fantasia e la creatività preparatoria dei cuochi, sulla sensibilità dei commensali, sulla piacevolezza complessiva del gusto e dell’ambiente prescelto per... mangiare.
Questo trionfo ha un senso se è abbinato alla giusta esaltazione della tipicità del cibo,alla sua carica di verità che arriva da lontano.
*La cucina tipica, insomma, incarna la personalità di un popolo, l’identità di un territorio e della gente che vi abita,*
*esprimendone le conquiste ed i progressi facilitati dagli incontri e dai viaggi, *e dai contatti con altri esempi forti: è tradizione nel senso pieno del termine, dinamico e mobile.
E’ un flusso di esperienze sempre nuove, del quale non si può dimenticare il principio.
Per l’isola d’Ischia, riscoprire la cucina tipica significa sollevare finalmente il velo su un aspetto della sua insularità che, negli ultimi anni, è rimasto come schiacciato dalla sua stessa fama di località internazionale del turismo, dalla bellezza del suo paesaggio ricco e diversificato, dall’importanza degli ospiti “vip” che l’hanno frequentata e continuano a farlo.
Gli isolani sono rimasti come abbagliati dal grande sviluppo e hanno smarrito il senso del “tipico”. E’ arrivato il momento di cambiare rotta: è il momento di “urlare” la nostra cultura antica e le nostre tradizioni in cucina.
Tradizioni ischitane delle quali fa parte, nel tempo (prima e dopo) di Carnevale, ovviamente anche il maiale, che ci aiuta a sapere... qualcosa in più di noi stessi.
Tant’è che, come ricorda l’antropologo Ugo Vuoso, per il contadino il vero Capodanno corrisponde al Carnevale, che è personificato proprio dal... porco: è la stagione breve delle oscenità consentite, delle risate e degli scherzi, degli eccessi alimentari.
Lo Spatuzzi, uno studioso della cucina povera napoletana, nel 1863, scriveva che i poveri erano immensamente ghiotti della carne di porco, in inverno: “Le favorevoli condizioni del nostro suolo per l’ingrasso di questo animale ci fanno avere le sue carni in maggiore abbondanza... Il fegato di porco diviso in pezzi ed avvolto nell’ dello stesso animale con le frondi di lauro in mezzo, si fa arrostire e riesce un cibo immensamente gradito al nostro popolo: non meno però del così detto fatto pure dai visceri del porco, che ridotti in pezzi assai minuti si fanno cuocere in molta sostanza grassa condita con pepe, peperoni fortissimi, foglie di lauro ed altre sostanze aromatiche, per modo che si ha un cibo fortemente stimolante, che nei mesi invernali serve di esca ai bevoni, e non manca mai nelle mense del carnovale”.
Lejla Mancusi Sorrentino sottolinea che, “anche se la carne era un lusso, il maiale è stato sempre diffuso in Campania, basti pensare che fino all’Ottocento erano poche le famiglie che non ne allevassero uno, e chi abitava in città lo metteva all’ingrasso sul balcone o a razzolare davanti alla porta di casa legato con una corda”
«Pochi animali domestici - scrive Alberto Capatti - hanno indotto, come il maiale, a considerazioni sul loro carattere onnivoro e sulla loro specie mangereccia. Nessuno ha suscitato una letteratura morale tanto copiosa. Basta evocarlo, per ritrovarsi nelle malebolge del sesso... sbracati a tavola... Vittima predestinata delle culture tradizionali, ha sempre prestato il proprio corpo ai vizi umani, servendo da controfigura alle voglie di carne». I romani ne perfezionarono l’allevamento: e non mancano citazioni, disquisizioni, suggerimenti dai grandi Columella (naturalista ante-litteram), Apicio (che chef, a quei tempi!) e l’eccellente, intrigante Marziale, poeta sopraffino e malizioso narratore in versi di pregi e difetti dell’umanità latina. Il maiale era comunque un cibo per pochi.
L’importanza del maiale, ancorché “porcus, quasi spurcus”, come si è sempre ripetuto, nei tempi recenti s’è introdotta di forza nel nostro immaginario, in una cultura letteraria e favolistica, oltre il lontano Bertoldo, e nei fumetti, e nell’arte, nel cinema, su livelli e caratteristiche ben diverse: l’intelligenza, soprattutto. Che dire dei Tre Porcellini di Disney, con Jimmy che fa... sempre la festa ad Ezechiele, il lupo cattivo? Il sindaco di Paperopoli ha il volto del maiale, e riesce sempre a far pagare le tasse a Zio Paperone. Ed ancora, il film di Babe il porcellino, che fa stravincere - che splendida favola anglosassone - al suo padrone il trofeo per cani da gregge?
E i maiali di George Orwell, ne La fattoria degli animali, così furbi da diventare dittatori? E poi, accentuando l’antropomorfismo... naturale, come non ricordare quei ritratti lardosamente trionfali di Botero?
E poi, questi porci-maiali sono straordinari come cercatori di tartufi, di aragosta nei bassi fondali delle Isole Tonga ed... ottimi come animali da compagnia: ormai lo sappiamo tutti, sotto la campana comunicatoria.
Insomma il mondo-maiale è ricchissimo di sfaccettature, di paradossi, di storie un po’ strane, come quelle (ed è tutta... colpa degli antichi Egizi), che volevano la reincarnazione delle anime degli uomini malvagi, dopo la morte, in maiali appunto. Il maiale, tra i faraoni, era sacro a Seth, un dio malvagio e cattivo. E anche Cristo, senza cattiveria naturalmente, scelse i maiali per “contenervi” il demonio.
Insomma, qualche simbolismo di troppo, ci indurrebbe a pensare che, in ogni caso, almeno a tavola, non si dovrebbe esagerare col... porco: e questo piacerebbe certo a chi intende far la dieta. Più agevolmente, chi guarda al suo peso corporeo, più che al piacere del palato, può demonizzare il nostro... porcello.
Eppure del maiale, il grasso e in particolare il lardo, sono stati a lungo usati in medicina, con buona pace di chi tentenna... sulla cotenna. Gli impiastri di lardo ed erbe aromatiche, sul petto e la gola, erano utilizzati per curare la tosse e il raffreddore. E poi, con gli impiastri di lardo non si curava anche il cosiddetto “Fuoco di Sant’Antonio”?
Ma la medicina moderna soprattutto, grazie a sperimentazioni, a tecniche di bioingegneria, a certezze relative all’ottima riuscita delle migliaia di trapianti eseguiti (su tutti, quelli delle valvole cardiache) con “pezzi” di maiale sull’uomo, esalta la stupenda e complessa complementarità progressiva con l’amico maiale.
Ingeriamo cibo o... mangiamo? Polemica ormai... digerita, o malvezzo ancora attualissimo? La corretta alimentazione è al centro delle preoccupazioni di scienziati e grandi chef allo stesso modo: giornali e tv sono pieni di consigli, indicazioni, prescrizioni, ricette mediche e ricette gastronomiche. Proprio nel momento in cui il gusto (e la nostra salute) rischia davvero, una volta per tutte, di azzerarsi e appiattirsi per colpa delle mutazioni genetiche dei prodotti destinati ad alimentarci, della massiva e invasiva tecnologia dei sistemi di coltivazione, allevamento, “fabbricazione” e conservazione di quanto finisce sulla nostra tavola; proprio quando sembra arrivata la svolta (in peggio) epocale, ecco che c’è un grande rilancio, un recupero, una voglia sempre crescente di genuinità, di bontà, di profumi e sapori, di tipicità, di diversità e cultura gastronomica, come dicevamo all’inizio.
Scegliamo la seconda strada, con forza, anche ad Ischia: mangiare e cucinare “bene” costituiscono un invito esplicito ai turisti, sempre più alla ricerca di qualità e cose tipiche, che fanno rima con benessere. Un esempio immediato? Cosa c’è di più verace, e non solo quando cresce l’atmosfera carnevalesca, del nostro maiale? Migliaia di modi di metterlo... nel piatto ed una sola verità: per la nostra cucina ed il nostro spirito godereccio, sembra davvero impensabile fare a meno di un gustoso e soave porcello.
Ecco una ricetta ad hoc di Pepe Carvalho, l’investigatore inventato dal mai troppo compianto Manuel Vázquez Montalbán, che aspetta solo di essere provata e che vi proponiamo con il contesto giallistico-letterario tratto da “Storie di fantasmi” con il quale viene riportata nel volume“Le ricette di Pepe Carvalho” (Feltrinelli).
Maiale stregato: 1 chilo di carne di maiale; ¾ di chilo di patate piccole; 1 testa d’aglio sbucciata; 2 arance aspre o limoni; olio e sale.
Si lessa in acqua e sale il maiale tagliato a pezzi.
A cottura ultimata si prende la carne, la si mette sull’asse e la si batte con il pestello per intenerirla ulteriormente e poterla così spezzare a listarelle con le dita.Disporre la carne su un vassoio insieme a una salsa fatta con l’aglio, sale e il succo delle arance aspre o dei limoni.
Si scalda l’olio nella padella fino a quando comincia a fumare e si versa sulla carne condita. Si serve quindi insieme alle patate lessate.
Queste sono alcune storie sul maiale… per i Sapori vi riportiamo alla trattoria ‘Il Focolare’ (www.trattoriailfocolare.it - link: grande maialata), dov’è in corso La Grande Maialata anno 22° con un menu tradizionale e creativo come la zuppa di fagioli Zampognari con le cotiche, la zuppa di Maiale ed Ortica, Maccarun’ e’ zit’ co’ raù, costatelle in purea di papacelle.
Il tutto sarà accompagnato dal folklore della magica chitarra di Nick Pantalone.
FONTE - Prof. UGO VUOSO antropologo ischitano e da Liberi Pensieri di Riccardo d’Ambra – operaio dei sapori
LA TRATTORIA IL FOCOLARE
tel. 081902944---cell.3407336816
ORGANIZZA: La Grande Maialata anno 22
Giov. 23. ven. 24, sab. 25 Gennaio 2014
La cucina del Focolare ha voluto usare in questa 22° Sagra del Maiale
Due dei tanti prodotti eccellenti della nostra Campania.
Il Focolare persegue l’idea di mettere sempre più in evidenza tipicità, non solo isolane, senza frontiere non solo per i loro eccezionali sapori ma anche e soprattutto perché i loro produttori sono rispettosi dell’Ambiente.
*PAPACCELLE NAPOLETANE presidio slow food – (detto anche peperone riccio).
Peperone nano,saporito, carnoso. Si raccoglie da Luglio ad Ottobre.
Area di produzione Agro acerrano – nolano in Prov. di Napoli e Caserta.
La semente originaria è stata recuperata con la collaborazione della Regione Campania.
Si differenzia dall’ibrido perché bacche più piccole, un poco schiacciate e costolute.
Viene conservata sott’aceto ed è l’ingrediente principe dell’insalata di rinforzo, piatto delle feste natalizie partenopee.