La terra tremò per sei secondi lunedì 21 agosto 2017 alle ore 20.57 in quest’area dell’isola d’Ischia che va dal Majo fino a Forio.
L’epicentro – IX grado della SMS – fu lo stesso del terribile terremoto del 28 luglio 1883 – XI grado della SMS – cioè la zona del Majo-La Rita-Fango. Un’area di circa 2 Km2 che si potrebbe chiamare “Casamicciola Alta” e “Lacco Ameno Alta” a circa 100-120 metri sul livello del mare. Ma le onde distruttive – come il cammino di un sergente - si estesero a tutta Casamicciola, a Lacco Ameno e solo a Forio Alta. A Casamicciola “Bassa” – la Marina, Perrone, Piazza dei Bagni – fu un terremoto dall’ VIII al VII grado della SMS. Per conoscere l’epicentro - ci vollero cinque giorni e lo rilevò il prof. Giuseppe Luongo, vulcanologo, che ha dedicato 40 anni allo studio geologico dell’isola d’Ischia. Quella conferenza stampa del 26 agosto è contenuta nel mio libro “I sei secondi che sconvolsero Ischia”. E’ Storica.
I sei secondi in cui la terra tremò causarono due morti, 45 feriti, oltre mille edifici colpiti con la viabilità ferita – la strada provinciale Borbonica, Via d’ Aloisio, Via Spezieria, via Casa Mennella, Via Principessa Margherita ed altre -. I danni non hanno mai avuto un calcolo preciso. Forse 400 milioni di euro. I “decisori politici” stanno ancora discutendo senza agire. Le Macerie sono al sole, al vento, alla pioggia e soprattutto sono nella Memoria quotidiana di chi passa ancora per lavoro o necessità per quei luoghi che sono una “città morta”. I terremotati rimasti qui hanno “innalzato” un baraccone con l’enorme scritta: “Basta con le chiacchiere, vogliamo i fatti”. Il baraccone espone anche una grande immagine della Madonna dei Dolori che Santa Madre Chiesa chiama “Santa Maria del Sufragio”. Ma qui molto semplicemente è l’ “Addolorata”. La chiesa in Via D’ Aloisio che qui si chiama “il Purgatorio” fu dedicata dopo il terremoto terribile del 1883 proprio all’ “Addolorata” e la località – tra Piazza Majo e La Rita – fu chiamata “Purgatorio”. Segni della coscienza popolare: l’epicentro di tutti i terremoti dell’isola d’Ischia è sempre lì ed è un “Purgatorio” perennemente sospeso tra l’Inferno ed il Paradiso e la “protezione divina” è chiesta alla “Madonna Addolorata” cioè fra le varie Madonne questa esprime il Dolore anche con il suo abito nero.
Quest’anno i terremotati che attraverso il baraccone vogliono testimoniare la loro fedeltà ai luoghi natii hanno aggiunto: “La nuova Pompei”. Quasi una rassegnazione all’immobilismo, un’abitudine alla ferraglia che protegge case cadenti come una orribile “Tour Eiffel” che incute spavento al solo sguardo.
“Avere un pezzo di paese distrutto da anni, come succede a Casamicciola, è come avere un cadavere insepolto in una stanza di una casa. Un cadavere sul quale il pasto dei bigattini non si esaurisce mai. Il brusio a volte è più forte. Soprattutto in un periodo elettorale. Soprattutto oggi.” Ha scritto su Facebook la mia amica Mirna
Quel che resta di Casamicciola ormai è solo la zona della Marina – risparmiata dal terremoto – dove c’è il porto commerciale con gli aliscafi ed i traghetti ed il porto turistico pieno di barche.
Ma Cristo si è fermato alla Marina.
L’INCIPIT DI CARLO LEVI
Nella sterminata letteratura meridionalistica trovo insuperabile per potenza di denuncia e bellezza di scrittura l’incipit di “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi.
“Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte.” Noi non siamo cristiani – essi dicono – Cristo si è fermato ad Eboli”… non siamo uomini... perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dell’orizzonte, e sopportarne il peso ed il confronto”.
Se vado come vado – quasi ogni giorno – a Piazza Majo per arrivare a “Via Montecito” come fu la chiamata la strada “Borbonica” dove è la mia villetta scampata al sisma e dove c’è quella che chiamo la “Terra dei Padri” perché appartiene alla mia famiglia dal 1809 e se qualche volta incontro il mio amico Piero seduto al “Bar Monti”, l’unica luce accesa e l'ultimo luogo di incontro per la popolazione ed i passanti, e prendo un caffè in un silenzio spettrale come in un cimitero, alla mia mente ritorna prepotente l’incipit di Carlo Levi per la “sua” terra di Lucania. Anche questo che vedo era un mondo contadino.
Anche questo è “serrato nel dolore e negli usi”. Anche questo è “negato alla Storia ed allo Stato”. Anche questo è “eternamente paziente”. Anche questa zona dell’incantevole isola d’Ischia è “senza conforto e dolcezza dove il contadino vive nella miseria e nella lontananza” dimenticato dal turismo o dove il turismo non è riuscito ad estendersi per le ferree leggi dell’economia di mercato. Anche questa è una “civiltà immobile” su un “suolo” che non è arido ma dove la terra ha tremato 13 volte in 7 secoli portando distruzione e morte.
Anche questa popolazione deve “subire il peso ed il confronto” da una civiltà consumistica fondata sul turismo di mare che è distante appena due chilometri. E mi sovviene a conferma la splendida osservazione di Fernand Braudel sull’ attaccamento tenace delle popolazioni del Mediterraneo ai loro luoghi di origine “più forte della misura del tempo” pur nella sua “immobile civiltà”. Questa popolazione sta qui da secoli e come “popolo minuto” non ha “il nome dei ricchi” sui muri o le foto degli avi.
Bisogna capire questo di questo posto ed impostare un “nuovo orizzonte”.
Affinché Cristo arrivi qui. Ma il Majo non sarà mai più come prima.
IL MAJO MAI PIU’ COME PRIMA
“Volate alto. Chiedete un Centro Europeo di Ricerca Scientifica sulla sismicità e il vulcanesimo dell’isola d’Ischia e di tutto il Mediterraneo. Passate alla Storia”. Fu l’appello rivolto agli astanti della conferenza stampa del 26 agosto 2017 del prof. Giuseppe Luongo, uno dei più grandi vulcanologi del mondo che ha dedicato 50 anni di studio con straordinaria passione civile alla natura geologica dell’isola d’Ischia. I suoi libri si trovano in tutte le Facoltà di Geologia d’Italia, d’Europa, del Mondo. Luongo propose immediatamente un “Parco Scientifico e Naturalistico” e richiamandosi a Giuseppe Mercalli che 134 anni prima aveva sconsigliato di “ricostruire” in quell’area aveva suggerito una destinazione diversa per l’ “area dei terremoti”. Quando ci recammo presso l’ufficio del Comune e della Protezione Civile per poter vedere i luoghi il sindaco Castagna non voleva che Luongo vedesse e ci dovette essere l’ intervento del sindaco di Forio e di quello di Lacco Ameno.
L’addetto della Protezione Civile chiese la professione di Luongo. Il Professore rispose: "Mi occupo di pietre”. Infatti quello che chiamava il “Maestro Generoso”, Alfred Rittmann ( 1893-1980) lo scopritore nel 1930 della autentica natura geologica dell’isola d’Ischia, la sua “prediletta” nelle sue ricerche in tutto il mondo aveva scoperto 1600 ( milleseicento) campioni di rocce. Luongo li conosceva tutti. 50 anni di studi. Di convegni e presenza nei momenti decisivi per onorare i Grandi Maestri: il busto al prof. Cristofaro Mennella, il climatologo di Casamicciola che definì “Ischia, gemma climatica d’ Italia” e che voleva riaprire l’Osservatorio Geofisico chiuso dal 1923; la lapide a Giulio Grablovitz che nel 1906 con la sua “Vasca Sismica” sull’Osservatorio aveva registrato il terremoto di San Francisco; la stele ad Alfred Rittmann “Maestro Generoso di grandi intuizioni che rivoluzionò la Geologia dei vulcani napoletani”; il convegno scientifico internazionale nel 1983 per i 100 anni dal terribile terremoto il cui resoconto è nel libro “Ischia, storia di un’isola vulcanica” di G. Luongo, E. Cubellis, F. Obrizzo (Liguori Editore Napoli 1987); la monumentale Monografia sul terremoto del 1883 di cui fu Direttore Scientifico (Servizio Sismico Nazionale 1999). Il Prof. Giuseppe Luongo è stato nominato nel 2019 Cittadino Onorario di Forio. Non è stato MAI nominato cittadino onorario di Casamicciola. Non gli è MAI stata chiesta una consulenza, un parere, una relazione dall’attuale sindaco di Casamicciola, Giovan Battista Castagna. Ha affermato che la cosiddetta “microzonazione” è stata una ricerca inutile (costata 250mila euro) perché già sappiamo tutto. Bastava un serio e coraggioso Comitato Tecnico Scientifico. Ha sostenuto l’inderogabilità di una “delocalizzazione” e di una seria Pianificazione Territoriale partecipando a conferenze e dibattiti e collaborando alla mia rivista “Il Continente”.
Se la Scienza della Terra dice “il Majo mai più come prima” lo dice anche l’Architettura. Dal 10 al 15 settembre 2018 per iniziativa degli architetti G. De Angelis e S. Verde della PIDA- Premio Ischia di Architettura – si tenne ad Ischia un workshop internazionale. 32 studenti di architettura di tre università (Roma, Napoli, Palermo) seguiti dai loro tutor e coordinati dal prof. Atsushi Kitagawara. Propongono tre “piani particolareggiati” per il “nuovo Majo” ma “ con l’indicazione per tutti di ricostruire ex novo presupponendo l’abbattimento dell'esistente” (Il Continente n.4/2019 pagine 6 e 7). Il giovane architetto di Casamicciola, Gennaro Di Costanzo, scrive per IL CONTINENTE un riquadro di 20 righe con i dati essenziali: area rossa: 211.100 mq; perimetro zona rossa: 2.265 metri; superficie costruita: 38.434 mq; fabbricati presenti: 313; numero abitanti sfollati: 1806; servizi introdotti con il progetto per 600 persone”. Queste tre proposte di “piano particolareggiato” che prevedevano comunque una “ricostruzione” con tecniche innovative per soli 600 abitanti in luogo dei 1806 non sono mai state discusse, prese in esame, contestate, dai “decisori politici” il cui Commissario Governativo, Carlo Schilardi, consigliere di Stato ed ex Prefetto in pensione, in due anni emana due ordinanze per i “danni lievi” ed i “danni pesanti” come se si potesse “ricostruire” senza una elementare Pianificazione Territoriale. Schilardi ha confermato la sua convinzione alla Commissione Ambiente della Camera il 9 giugno 2019:
“C’è una dialettica accesa tra me e la Regione, perché? Perché la Norma come da me interpretata, mi permetto anche di avere un minimo di competenza da magistrato e da Consigliere di Stato, come da me interpretata significa che la pianificazione deve riguardare soltanto i luoghi dove essa è necessaria.” (trascrizione letterale)
Nessun “decisore” ha contestato l’osservazione di Schilardi che per me – come ho già affermato – non merita la dignità della polemica. Schilardi fa altre affermazioni con molte “inesattezze” sullo stato della “ricostruzione pubblica”. Casamicciola ha solo un plesso scolastico (Perrone) agibile mentre sono “inagibili “ gli altri quattro (Manzoni, Lembo, Ibsen, Sanseverino). Indispensabili e fondamentali erano il “ Manzoni” (elementari), l’Ibsen (scuola media) ed il Sanseverino (infanzia) “prestato” o “affittato” alla Città Metropolitana di Napoli nel 2016/17. Non si sa come si potrà riaprire la scuola dell’obbligo a Casamicciola il 14 settembre 2020 in presenza della pandemia di Covid-19. La popolazione scolastica è scesa da 800 alunni prima del sisma a 400 alunni iscritti per l’ anno scolastico 2020/21.
Quando Cristo arriverà al Majo? Quando sarà avviata la “ricostruzione” o meglio la “riqualificazione” della “Nuova Casamicciola”, la terza dopo i terremoti del 1881,1883,2017?
Forse bisogna invocare S. Emidio, Patrono di Ascoli. Protettore dei terremotati.
“Nel 1703 un violento terremoto sconvolse le Marche ma non colpì la città di Ascoli, si dice protetta dal suo patrono, che è invocato oggi a protezione dai terremoti. In seguito a questo episodio la città di Ascoli eresse nel 1717 una chiesa dedicata appunto al santo e il cui interno è appunto la grotta dove Emidio morì e dove secondo la leggenda fu trovato il sepolcro del santo ricoperto di basilico”.
Don Giuseppe Morgera, il “Parroco Santo” di Casamicciola che ricostruì la Parrocchia per “un popolo nuovo” dopo il terremoto del 1883 volle dedicare il “nuovo Paese” al “Sacro Cuore di Gesù” ma non dimenticò S. Emidio.
Volle una sua statua nella Chiesa Parrocchiale. Diceva una messa speciale per i fedeli il 5 agosto, sua festività, affinchè proteggesse Casamicciola.
Ma la Fede senza le Opere non basta. Lo diceva San Paolo.