Dagli articoli pubblicati da "Il Golfo" del 21 e 22 u.s., si evince che dei comandanti dell'Alilauro, essendosi macchiati di "interruzione di pubblico servizio" e per questo, venendo a mancare la "fiducia" dell'armatore, hanno meritato di essere licenziati e, udite udite, neanche con sentenza di reintegro della Magistratura, adita dai comandanti licenziati, l'armatore On. Lauro intende riassumerli. Per la gravità dell'arbitrio e della posizione arrogante di parte armatoriale, la questione merita una opportuna disamina alla luce degli strumenti legislativi e contrattuali. Premesso che non conosco le persone coinvolte, come prima impressione mi viene da dire che l'On. Lauro, oltre che prendere fischi per fiaschi (nonostante il titolo di studio e l'esperienza marinara), ha dato di se l'immagine del peggiore atteggiamento padronale che spinge – laddove ve ne fosse ancora bisogno – per la richiesta di abolizione degli artt. 273 e 877 del Codice della Navigazione. Ma andiamo con ordine. Ovviamente nessuna acrimonia preconcetta da parte mia, ma solamente amore per la verità e senso di giustizia verso le legittime posizioni assunte dai suoi "prestatori d'opera" e non "schiavi". Primieramente, prima di entrare nel merito della questione, pare opportuno evidenziare che laddove – riferendosi al C.d.N. – l'On. Lauro recita che i comandanti "sono i fiduciari dell'armatore...Se viene a mancare la fiducia la compagnia avrebbe il diritto di non riassumere...", sperticandosi poi in meandri contrattuali e differenze di trattamento a seconda della categoria del lavoratore, fa enorme confusione con i contenuti del codice della Navigazione, con il dettato della legislazione italiana ed i contenuti delle Direttive e Leggi Comunitarie.
Vero è che secondo gli artt. 273 e 877 del C.d.N. "L'armatore nomina il comandante della nave e può in ogni momento dispensarlo dal comando" Da questi discende l'abusato termine di "fiduciario dell'armatore" e, conseguenzialmente, la malintesa pretesa di Lauro di assumere e licenziare, a seconda se il comandante fa o meno TUTTO ciò che ritiene nel solo interesse esclusivo aziendale. Invero, le ragioni del "rapporto fiduciario" si estrinsecano nel contenuto del 1° comma del successivo art. 274 del C.d.N. che così recita: - "L'armatore è responsabile dei fatti dell'equipaggio e delle obbligazioni del comandante della nave, per quanto riguarda la nave e la spedizione", significando che l'ambito del termine abusato (rapporto fiduciario con armatore) attiene solamente all'aspetto "commerciale" della nave e di rappresentante armatore verso terzi e non alle prerogative "pubblicistiche" e/ di "direzione nautica" che rientrano tra le competenze non delegabili del comandante, così come contemplato dall'art. 295 e varia giurisprudenza ad esso legata. Infatti, il comandante della nave, in forza delle disposizioni del citato art. 295 del C.d.N. che gli attribuisce in modo esclusivo la direzione nautica, è responsabile della prevenzione infortuni sul lavoro e sulla Sicurezza della Navigazione e della Vita Umana in Mare (equipaggio e passeggeri, oltre che mezzo nautico).
E' opportuno ricordare che in alcuni casi, ogni indebita forzatura equivale indurre a delinquere. Invero, agli effetti penali il comandante della nave è destinatario, tra l'altro, delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro (Cass. Pen. VI – 01.02.1991, in Cass. Pen., 1992,3118 (s.m.). Inoltre, per infrazioni in materia di orario di lavoro il comandante (ma anche l'armatore SIC), ai sensi dell'art. 35 del Dlgs. 271/99 e art. 9 del Dlgs. 108/2005, è sanzionabile amministrativamente ma anche e persino con l'arresto. Ciò posto, i comandanti bene fecero a rifiutarsi di andare oltre l'orario di lavoro massimo previsto, a salvaguardia della sicurezza loro, degli equipaggi e dei passeggeri. In ordine poi al riferimento di parte Alilauro al contenuto dell'art. 3 del Dlgs. 108/2005 circa il possibile orario di lavoro sino a 14 ore giornaliere, giova ricordare che il medesimo art. 3 prevede anche un limite invalicabile di ore di lavoro settimanale pari a 72 ore e sarebbe oltremodo interessante conoscere in proposito i contenuti del Giornale Nautico – Parte Seconda, piuttosto che il Registro Orario di Lavoro dei mezzi nautici dell'Alilauro. Inoltre, giova ricordare all'esimio Senatore che - al di là delle anzidette normative e ricordato ulteriormente che il Codice HSC e il Codice DSC a cui sono soggetti i mezzi nautici Alilauro, per le loro particolarità costruttive e l'incidenza delle vibrazione degli stessi sulla struttura muscolo-scheletrica delle persone, raccomandano limitazioni all'orario di lavoro e all'affaticamento degli equipaggi. Inoltre, il comandante è obbligato a rispettare e far rispettare il contratto di lavoro di cui, ai sensi di legge, è garante. Ciò posto, giova evidenziare che il C.C.N.L. di riferimento, prevede tra l'altro:
- Art. 9: "In considerazione del tipo di lavoro, per particolari servizi, il personale imbarcato sugli aliscafi non dovrà comunque effettuare navigazione effettiva per un periodo superiore alle sei ore nell'arco delle otto ore normali di lavoro";
- Art. 22: "Lo straordinario mensile non dovrà superare le 60 ore. Per le ore di lavoro giornaliero effettivamente prestate, oltre le ore di lavoro di cui all'art. 9 e quelle di straordinario nella misura di due ore giornaliere, verranno riconosciute altrettante ore di riposo compensativo da fruire secondo i criteri da stabilirsi aziendalmente. ..Note: In conseguenza delle suddette norme, in sede aziendale si procederà alla organizzazione del lavoro in relazione al rapporto periodo di imbarco-periodo di riposo".
Sul riferimento alla tragedia della Costa Concordia stendo un velo e rafforza la necessità di abolire gli artt. 273 e 877 del C.d.N.. che, probabilmente e laddove accertate le ventilate pressioni della Costa Crociera sul comandante, potrebbero stare alla base dei ritardi di evacuazione della stessa. Per quanto attiene il riferimento al risultato dell'asserita indagine della Capitaneria di Porto di Napoli citato da Lauro non mi meraviglia, avendo più volte verificato la strabicità della stessa, più incline a tenere in conto qualche accordo sindacale controlegem e dimenticando, a volte, che le normative internazionali e comunitarie (se esecutive) prevalgono su quelle dello Stato di Bandiera (Stato Nazionale). In ordine all'opinione del senatore Lauro secondo cui – essendo i fiduciari dell'armatore - la reintegra ordinata dal Giudice per i comandanti non dovrebbe applicarsi, mentre "..diverso è per i marinai, per licenziare i quali è prevista la giusta causa..", giova appena ricordare che la "giusta causa" di che trattasi, non solo è garantita da vasta e consolidata giurisprudenza *(per tutti vedi Sentenza Corte Costituzionale n. 41 del 1991), ma è ampiamente regolamentata dai contenuti contrattuali, così come pure le possibilità e condizioni di licenziamento.. Giova ricordare al senatore Lauro (in primis come ex personalità istituzionale) che le sentenze dei giudici vanno eventualmente impugnate e, se passate in giudicato, applicate senza se e senza ma. Solo successivamente, volendo, gli è consentito accedere a strumenti diversi! Nel caso però, mi verrebbe da chiedere: L'ALILAURO rispettava i contenuti contrattuali ed i limiti settimanali e mensili – oltre che giornalieri - posti a salvaguardia dell'integrità fisica dei lavoratori e passeggeri dai contenuti delle normative di comparto? E che immagine di serietà offre un armatore, un imprenditore che stipula un contratto (con OO.SS, Enti pubblici, con altri imprenditori, ecc.) e poi non lo dovesse rispettare? Infine, è credibile, se non perseguibile, un armatore che pretenderebbe di coartare le responsabilità di ordine personale dei propri dipendenti, inducendoli probabilmente a mettere a repentaglio la Sicurezza della Navigazione e della Vita Umana in Mare?
* La Corte Costituzionale, con sentenza n° 41/1991si è ampiamente espressa sui licenziamenti individuali, dichiarando le seguenti illegittimità: 916 del codice della navigazione; dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), nella parte in cui non prevede l'applicabilità della legge stessa al personale navigante delle imprese di navigazione (aerea); dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro), nella parte in cui non prevede la diretta applicabilità al predetto personale anche dell'art. 18 della stessa legge, come modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali); dichiara altresì- in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - l'illegittimità costituzionale dell'art. 345 del codice della navigazione.
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